Papilionea

Thysania agrippina, una falena gigante e misteriosa

Su questo pianeta esistono centinaia di migliaia di specie di falene d’ogni forma e colore. È un mondo davvero variegato ed affascinante quello delle falene, o Eteroceri che dir si voglia, relegato quasi esclusivamente ad una attività notturna. Il fatto che le farfalle costituiscano circa il 10% di tutti i Lepidotteri attualmente conosciuti è indubbiamente degno di nota; a conti fatti il processo di speciazione delle falene si è manifestato con una potenza incredibile, sfruttando un numero incalcolabile di nicchie ecologiche. Il processo evolutivo ha fatto si che dal lepidottero ancestrale si fosse generata quella che, tra tutti i Lepidotteri, è la specie con la massima apertura alare conosciuta: la Thysania agrippina.

Individuo fotografato in Guiana Francese – Foto: Bernard DUPONT (Wikimedia)

Gli anglosassoni la chiamano White Witch, cioè strega bianca, con riferimento poetico alla sua colorazione e periodo di attività. Alcuni esemplari possono superare abbondantemente i 250 mm, arrivando anche a toccare il record di 300 mm. Dal punto di vista sistematico la T. agrippina si colloca all’interno della famiglia degli Erebidi (Erebidae), di cui fanno parte anche le nostre catocale (gen. Catocala). Questa enorme falena è compresa nella tribù dei Termesini (Thermesiini), assieme alle congeneri T. pomponia e T. zenobia. La pagina superiore delle ali presenta un’elegante trama di disegni neri su un fondo che può variare dal bianco-sporco al giallo-grigiastro. I disegni scuri, seppur di modesta variabilità specifica, sono abbastanza ricorrenti all’interno della popolazione. Tale schema di disegni permette alla T. agrippina di mimetizzarsi efficacemente sui tronchi sulla quale è solita posarsi. Le linee scure irregolari in forte contrasto con un fondo chiaro ne confondono la sagoma agli occhi di un potenziale predatore. La pagina inferiore delle ali è completamente diversa da quella superiore. Su un fondo prevalentemente marrone si apprezzano estese iridescenze blu, localizzate verso l’area postdiscale, con l’aggiunta di una serie di macchie bianche presenti in maggior numero sulle ali posteriori.

Esemplare di T. agrippina, lato inferiore – Foto: Anaxibia (Wikimedia)
La specie ha un areale abbastanza vasto che si estende all’America Centrale fino al Perù. La si può osservare in Messico ed occasionalmente in Texas. È segnalata in Costa Rica a Santa Elena, Baia Drake e Volcán, nella foresta di Otonga in Ecuador, nella riserva di Tambopata in Perù, nella riserva naturale di Nouragues (Guyana Francese) e presso il Rio Negro in Amazzonia. Laddove raggiunge il limite meridionale del suo areale, nello stato del Rio Grande, è considerata come specie a rischio.
Mimetismo criptico in azione nella foresta di Tambopat, Colombia – Foto: Alexey Yakovlev (Wikimedia)

Nelle fiere entomologiche non è difficile trovare esemplari di questa specie in vendita, spesso con prezzi decisamente contrastanti: dai 15 agli 80 euro tanto per intenderci. Tra l’altro, molti di questi sono sprovvisti di dati di raccolta che, con buona ragione, sarebbero utili per arricchire la conoscenza sulla distribuzione di questa falena. T. agrippina è stata descritta dall’entomologo Pieter Cramer nel 1776, e nonostante siano passati oltre due secoli, non si sa praticamente nulla del suo ciclo vitale! Non si conosce l’aspetto del bruco, tanto meno la pianta (o le piante) di cui si nutre. In base alla sua specie sorella, la T. zenobia, si presume che il bruco possa svilupparsi a spese di piante della famiglia delle Leguminose. Nel 1705 l’illustratrice e naturalista Maria Sibylla Merian, a seguito di una spedizione in Suriname, pubblica un libro intitolato Metamorphosis Insectorum Surinamensium dove è presente una tavola realmente significativa su questa enigmatica falena.

Esemplare storico esposto in una vetrina del Museo di Storia Naturale “G. Doria” a Genova – Foto: Alessandro Bisi

Nonostante l’indubbia resa della composizione e del dettaglio dei disegni, l’accostamento degli stadi di sviluppo di bruco, bozzolo e sacco di uova risulta essere errato; questo fatto è stato studiato in dettaglio da David Cappaert, curatore del progetto White Witch Watch dedicato allo studio di T. agrippina. Va sottolineato che, nel Diciassettesimo secolo, la conoscenza sul processo di metamorfosi non era pienamente compreso. A tal proposito David ha aperto un sito internet con lo scopo di poter finalmente svelare il ciclo vitale di questa specie, aggiornando la tavola di Merian in chiave moderna. Per chiunque sia in grado di allevare e documentare il ciclo di questa specie è prevista per fino una ricompensa in denaro. Purtroppo la “strega bianca” vive prevalentemente in habitat di foresta, nella quale non risulta sempre facile muoversi. Uno studio mirato richiederebbe mesi di ricerca sul campo, con i costi che ne conseguono. Speriamo che un giorno venga risolto questo mistero.

Su Youtube ci sono due video amatoriali molto interessanti riguardo a questa enigmatica specie. Nel primo video (link) assistiamo ad un bell’esempio di interazione uomo falena dove, nel caso specifico, la bestiola viene ripetutamente disturbata durante la sua fase di riposo diurno. La reattività degli Erebidi è un carattere tipico in queste falene. Il secondo video (link) è decisamente più interessante in quanto mostra un individuo in piena attività. Con ogni probabilità l’esemplare è attratto dalle sostanze zuccherine in fermentazione contenute all’interno dei sacchi di spazzatura. Certe sostanze contenute nella birra, nel vino, o nella frutta marcescente, costituiscono per certe falene una valida fonte di sostentamento.