Nelle guide italiane che parlano di farfalle e di falene è possibile trovare, accanto al nome scientifico latino, un nome italiano: questo viene detto nome comune o nome volgare. Così il Il licenide Callophrys rubi viene comunemente chiamato tecla del rovo. Il papilionide Iphiclides podalirius è conosciuto come podalirio. Il ninfalide Aglais urticae, che da oltre cent’anni è chiamato vanessa dell’ortica, e così via. L’ampio uso di veri e propri nomi per uso comune è di fatto detenuto dai paesi anglosassoni che vantano una secolare tradizione naturalistica. Attualmente nei paesi come l’Inghilterra esiste un nome per ogni specie, salvo rare eccezioni. Per nome comune, appunto, si intende quel nome utilizzato nell’ambito della parlata comune o dialettale. La parola volgare, riferita al nome, deriva dall’aggettivo latino vulgaris, che significa proprio ‘comune’.
La Polygonia c-album è conosciuta come vanessa c-bianco. In questo caso il nome comune ricalca quello della specie.
I paesi anglosassoni non sono gli unici a fare largo uso di nomi comuni. In Francia e in Germania, paesi con una tradizione entomologica di tutto rispetto, possiamo trovare tantissimi nomi associati ai lepidotteri. Ma com’è la situazione in Italia? Diciamo che nel nostro paese i nomi di uso veramente comune sono pochi e relegati a specie molto conosciute ed appariscenti. Ne sono un palese esempio il macaone (Papilio machaon), il podalirio (Iphiclides podalirius), l’aurora (Anthocharis cardamines) e la cedronella (Gonepteryx rhamni), tutte farfalle molto diffuse sul nostro territorio. Il quadro generale mostra una situazione davvero confusa: ci sono specie con: nomi ampiamente usati e riconosciuti, specie con più di un nome associato, specie con nomi inventati a caso, eccetera. L’impressione generale è che la questione dei nomi italiani non sia mai stata presa molto sul serio, sia a livello accademico che divulgativo. Sia chiaro, il nome scientifico ha una importanza fondamentale in quanto, grazie ad esso, esiste un riferimento univoco per ogni specie a livello internazionale.
Provate ad immaginare un gruppo multinazionale di naturalisti che, durante una passeggiata all’aria aperta, individuano una vanessa c-bianco (nome scientifico Polygonia c-album) mimetizzata sul fogliame. L’inglese esclama “Comma”, il francese dice “Robert-le-Diable”, il tedesco ribatte”C-Falter” e il russo dice “Uglokryl’nitsa s-beloye”. In quella situazione, a meno che non conosciate i nomi comuni delle farfalle usati negli altri paesi, avreste capito che stavano parlando della specie in oggetto? Il nome scientifico serve proprio per evitare spiacevoli situazioni di incomprensione e confusione. Il nome Polygonia c-album è quindi valido in tutto il mondo, mentre il nome comune rimane relegato al paese in qui questo è stato coniato. In ambito scientifico ed accademico, di solito, l’uso di questi nomi comuni non è minimamente contemplato.
Nelle guide divulgative è possibile trovare un buon numero di nomi comuni accanto a quelli scientifici.
Spesso ai nomi italiani non viene attribuito alcun valore e, tra l’altro, il loro utilizzo è bollato come privo di senso e controproducente. Nulla di più sbagliato! In realtà se ne sottovaluta la loro utilità in ambito divulgativo. L’assenza di nomi comuni veri e propri per descrivere tutte le specie di farfalle e di falene rappresenta un handicap non trascurabile per la nostra entomologia. Nei paesi anglosassoni l’uso di questa tipologia di nomi rendere lo studio dei Lepidotteri più abbordabile da parte delle giovani generazioni. Provate a dire ad un ragazzino che avete visto una Nymphalis polychloros; come minimo storcerà il naso. Se invece parlerete di una vanessa multicolore la cosa sarà ben diversa. Questo discorso vale ovviamente per tutti coloro che non hanno familiarità con i nomi scientifici. In sostanza, il nome comune può essere un valido approccio a chi si avvicina per la prima volta al mondo dei Lepidotteri, alla loro osservazione e al loro studio.
Prima della rivoluzione giunta con l’invenzione della nomenclatura binomia le persone facevano già largo uso di nomi per definire le farfalle in quanto tali, e anche molte delle loro specie. Gli inglesi hanno coniato nomi comuni basandosi quasi esclusivamente sulle caratteristiche esterne, come il colore e la forma delle ali. Così la Gonepteryx rhamni venne chiamata Common Brimstone che, in italiano letterale, può essere tradotto come “Zolfo comune”. Il nome deriva dal fatto che le ali di questa bella specie sono completamente gialle (almeno per quanto riguarda i maschi). Alla Pieris rapae venne dato il nome di Small White, letteralmente “piccola bianca”. Ciò è derivato dalle ridotte dimensioni rispetto alla sua congenere Pieris brassicae, nonché dal colore di fondo prevalente bianco candido. In Francia molte Licenidi vengono chiamate Azuré, per via del colore blu-azzurro sfoggiato da molti rappresentanti della famiglia. Voi direte, ma che fantasia chiamare “Azzurra” una farfalla che di fatto è azzurra! Diciamo che il nome è indubbiamente molto banale, ma se ci pensate bene, è anche molto efficace.
Questa farfalla viene chiamata cedronella per via del colore simile a quello di un agrume.
Il capitolo che ci riguarda più da vicino è inerente ai nomi coniati dopo gli studi scientifici in ambito entomologico, che de facto forniscono delle ottime basi di partenza. Una piccola farfalla con le ali verdi venne descritta da Linneo nel 1758 con il nome latino Papilio rubi (poi collocato nel genere Callophrys). Questo nome faceva riferimento alle piante del genere Rubus, i comuni rovi di cui si nutrono i suoi bruchi. Tale specie viene comunemente chiamata tecla del rovo, proprio in funzione del nome scientifico e delle abitudini alimentari della farfalla. In Francia la tecla del rovo è nota come Thècle de la ronce, che ha il medesimo significato del nome italiano. Moltissimi nomi usati dai francesi sono stati coniati dopo la descrizione scientifica e, ad oggi, sono ampiamente usati. In Italia si è scelto di non prendere seriamente la questione. Di conseguenza, siamo rimasti indietro rispetto agli altri paesi.
È estremamente difficile, se non addirittura impossibile, risalire alla paternità dei nomi comuni usati per descrivere le nostre farfalle. Chi è stata la prima persona a dire che il Papilio machaon può essere chiamato macaone? O che la Pieris brassicae si poteva chiamare cavolaia maggiore? Sta di fatto che questi ed altri nomi, nel corso del tempo, hanno acquisito un certo valore e sono entrati a far parte della nostra cultura naturalistica. A questo punto è lecito porsi una domanda: chi, oggi, può prendersi la briga di inventare e coniare nomi di uso comune che possano essere accettati dal pubblico naturalistico? A mio parere anche un semplice appassionato, con buona logica e un pizzico di fantasia, può coniare un giusto nome per ogni specie di farfalla, specialmente per quelle che ne sono ancora prive. Tuttavia sarà opportuno produrre una pubblicazione esaustiva così da poter illustrare con criterio e rigore questa tematica, senza snaturarla dalla sua essenza divulgativa.
Quando da bambino facevo le mie prime passeggiate in campagna conoscevo davvero pochissime cose sulle farfalle. Ricordo che inventai il nome “occhi da ragno” per definire alcune specie appartenenti alla sottofamiglia dei Satyrinae. Il nome derivava dal fatto che le piccole macchie ocellari presenti sul lato inferiore delle Coenonympha mi ricordavano gli occhietti dei ragni saltatori. Questo stravagante nome ha avuto vita breve, ma è rimasto nella mia memoria a ricordo di tempi spensierati, quando iniziavo a scoprire il mondo delle farfalle a piccoli passi con grande curiosità ed entusiasmo. Forse, lo stesso entusiasmo che mosse coloro che coniarono i nomi delle farfalle che conosciamo oggi. Ad ogni modo, un nome comune che si rispetti può:
- far riferimento ad una caratteristica della colorazione (disegno, colore dominante): es. vanessa c-bianco = Polygonia c-album
- far riferimento ad una caratteristica biologica (abitudini, pianta nutrice): es. tecla del rovo = Callophrys rubi
far riferimento all’etimologia del nome latino (personaggio a cui è dedicata): es. podalirio = Iphiclides podalirius - può essere una italianizzazione del nome latino (genere o specie): es. libitea del bagolaro = Lybithea celtis
Sull’uso dei nomi italiani si sono spese diverse critiche. Queste possono essere riassunte in questo modo:
“L’uso dei nomi comuni per ogni specie di farfalla è controproducente.” Certo, risponderei con un pizzico di sarcasmo, ma provate a vedere quanto è stato controproducente in Francia, in Germania e soprattutto nei paesi anglosassoni, poi ne riparliamo.
“Un nome comune per ogni farfalla causa confusione.” Per controbattere mi riferisco ai paesi che ho citato prima, e ciò non è motivo di confusione ma anzi, aiuta a determinare le varie specie a livello popolare.
“I nuovi nomi rischiano di essere ridicoli.” Con tutto il rispetto, gli inglesi chiamano Bath White la Pontia daplidice; in italiano questo nome significa letteralmente “bagno bianco”.. Dal mio punto di vista il bagno è il posto dove troviamo i servizi igenici, la doccia, il lavandino etc, e non riesco proprio a collegare la cosa con il mondo delle farfalle. Tuttavia con questo non intendo assolutamente sminuire il valore di un nome più che consolidato, che va letto nel suo contesto nazionale.
Coniare nuovi nomi italiani non presuppone per forza che si vada nel ridicolo o che addirittura sia una attività inutile. Tra l’altro, bisogna capire cosa si intende per ridicolo in senso stretto. Data l’importanza ed il potenziale dei nomi comuni/volgari per uso popolare e divulgativo, ritengo necessario che in Italia venga fatta chiarezza sui quelli già esistenti e ne siano coniati di nuovi e accettabili per le specie che ne sono ancora sprovviste. Specie come la Leptidea duponcheli, il Satyrium pruni, il Cupido osiris, il Polyommatus ripartii e molte altre. Pubblicherò in futuro un lavoro dove proverò a fare un resoconto su tutti i nomi comuni riferiti alle specie nostrane, provando anche a proporre delle nuove soluzioni accettabili, con relative spiegazioni. Su Papilionea sono già pubblicati i nomi comuni ufficiali per le specie presenti in Italia.