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Universo dei Lepidotteri: la spirotromba

Come si nutrono le farfalle

Un’immagine comune è quella della farfalla che, nelle belle giornate soleggiate, si posa sui fiori per succhiarne il nettare. Le farfalle, infatti, si nutrono soprattutto del nettare dei fiori, tuttavia molte prediligono i frutti maturi o la linfa che trasuda dagli alberi, o addirittura escrementi di vario tipo. Ma come riesce una farfalla a suggere i liquidi zuccherini da fiori e frutti?

La maggior parte dei Lepidotteri non ha mascelle e mandibole, per cui si cibano servendosi di una particolare organo a forma di proboscide detto spirotromba. Alcune falene, come i Micropterigidi e gli Eriocranidi, sono mangiatrici di pollini ed hanno degli apparati masticatori.

Schema della struttura di un’occhio composto di una farfalla.

La spirotromba

La spirotromba la forma di un tubicino più o meno lungo, formato da due parti separate e unite tra loro da minuscole spine. Essa è avvolta su se stessa come la molla di un orologio e viene arrotolata sotto il capo quando non è in uso. Il cibo viene risucchiato grazie all’azione di una speciale pompa aspirante che si trova alla sua base.

Arrivato il momento di nutrirsi la spirotromba viene srotolata grazie all’aumento della pressione sanguigna e alla contrazione dei suoi muscoli interni. Osservando con attenzione le farfalle, si può osservare che esse talvolta la puliscono, perché il continuo passaggio di fluidi densi e zuccherini può ostruire il canale. Alla spirotromba sono abbinati i palpi labiali, ricoperti di peli sensoriali aventi la funzione di assicurare che la fonte di cibo sia adatta. In alcune specie, come nella Libythea celtis, i palpi sono più lunghi della testa. La lunghezza della spirotromba può variare da specie a specie: nelle farfalle che si nutrono di frutti carnosi è relativamente corta e appuntita. In alcune falene appartenenti alla famiglia degli Sfingidi, che si nutrono del nettare delle campanule, la spirotromba può raggiungere anche i 30 cm di lunghezza.

Ma non tutti i Lepidotteri hanno un apparato boccale ben sviluppato; in alcune famiglie di falene infatti non si trova né l’apparato succhiatore ne quello masticatore in quanto divenuti organi superflui. Così gli adulti dei Saturnidi e dei Lasiocampidi, per esempio, non si cibano affatto e traggono le loro energie dalle riserve di grasso accumulate durante lo stadio larvale: un caso particolarmente emblematico è quello dell’adulto dell’Attacus atlas, la falena con la più grande superfice alare che, nonostante il peso dell’enorme corpo e le energie spese per muovere le grandi ali, ha un apparato boccale atrofizzato e non si nutre affatto.

Charaxes tiridates intenta a nutrirsi degli zuccheri di una banana.

La sfinge di Darwin

Una curiosità storica riguarda il famoso naturalista Charles Darwin, che nel 1862, in un libro sulle orchidee (On the various contrivances by which British and foreign orchids are fertilised by insects, and on the good effects of intercrossing), edito tre anni prima della sua famosa pubblicasione sull’origine delle specie, dedicò un capitolo all’impollinazione. Egli osservò che un’orchidea del Madagascar, l’Angraecum sesquipedale, i cui bellissimi fiori hanno degli speroni (prolungamenti cavi e ristretti del calice e della corolla dei fiori) lunghi oltre 20 cm, ha il nettare solo negli ultimi 2-3 cm del fiore. Darwin ipotizzò così che doveva esistere un insetto con una “proboscide” di almeno 20 cm, tale cioè da raggiungere il nettare per cibarsi e per impollinare i fiori. Tale insetto esiste davvero, ed è una falena descritta nel 1903 da Rothschild & Jordan, ed è stata chiamata Xanthopan morganii praedicta in onore di Darwin che ne immaginò l’esistenza ben 40 anni prima!

La spirotromba dello sfingide Cocytius cluentius misura ben 25 cm.

Il testo e le immagini del presente articolo, tratti da da Panzetti et al. (2003-2004: f. 9) e Peruzzo et al. (2007: f. 13), sono stati pubblicati su gentile concessione della Alberto Peruzzo Editore SRL.