Papilionea

Universo dei Lepidotteri: la crisalide

La crisalide rappresenta la fase in cui avviene la metamorfosi da bruco a farfalla. È l’unico momento del ciclo vitale in cui l’individuo non si nutre e non produce escrementi, inoltre i suoi movimenti sono inesistenti o limitati a pochi segmenti dell’addome, che si muovono quando vengono toccate. La parola “crisalide” deriva dal termine greco krusós, cioè “colore dorato”, che si riferisce alla particolare tonalità che hanno alcune delle più comuni Ninfalidi europee durante questa fase. Osservando con attenzione una crisalide si possono intravedere tutte le parti caratteristiche dell’adulto, dagli occhi alla spirotromba, dalle zampe ai bordi delle ali. Il processo di metamorfosi che avviene sotto la cuticola è regolato da una serie di enzimi ed ormoni, che guidano lo smaltimento dei tessuti del bruco e formano quelli nuovi dell’insetto adulto. Alcune parti del bruco vengono riutilizzate, come le trachee – la respirazione è fondamentale nel processo e non può mai essere interrotta – e la cuticola delle zampe toraciche.

Papilio troilus appena sfarfallata dalla crisalide. L’involucro vuoto si chiama exuvia.

La crisalide si ancora grazie ad una particolare struttura chiamata “cremaster”, a sua volta legata al supporto della seta prodotta dal bruco prima di mutare. Le crisalidi delle farfalle assumono sempre due posizioni fondamentali: appese a testa in giù, come nel caso delle Ninfalidi, oppure “in piedi”, come nel caso delle Papilio, grazie ad una cintura di sicurezza realizzata dal bruco con la seta. I bruchi delle falene generalmente si costruiscono un bozzolo che serve da riparo tra le piante, oppure scavano una cavità sotto terra dove proteggersi. Essendo immobili, l’unica difesa che hanno le crisalidi è il camuffamento nell’ambiente circostante; per questo molte sono verdi, giallognole, marroni macchiettate di nero o con riflessi metallici. Inoltre esse cambiano tonalità man mano che ci si avvicina al momento dello sfarfallamento, perché si intravedono i colori delle ali sotto la cuticola. Le falene, invece, hanno in genere la crisalide più scura, con tutti i toni del marrone; solo alcune crisalidi hanno colori leggermente diversi, come quelle delle Catocala, che sono grigie o azzurrognole.

La crisalide di una Ninfalide con riflessi dorati.

Crisalide della farfalla brasiliana Phoebis sennae, in cui si possono vedere chiaramente i colori delle ali.

Lo stadio di crisalide può durare anche solo 7 giorni. Nelle farfalle italiane, a causa del nostro clima, la fase di crisalide può durare anche per mesi. Molte specie passano infatti l’inverno in questo stato e alcune falene impiegano addirittura due anni prima di ultimare il ciclo. Quando si avvicina il momento dello sfarfallamento è possibile intravedere, sotto la cuticola della crisalide, il colore delle ali dell’animale. Quando l’adulto è pronto ad uscire, rompe l’involucro grazie ad una lunga cerniera che si trova in corrispondenza dei margini superiori delle ali. La farfalla spinge la testa e il torace contro la cuticola, rompendola e, inspirando l’aria, gonfia il corpo favorendo l’uscita. Con le zampe si aggrappa alla cuticola della crisalide e trascina fuori l’addome. Al momento dello sfarfallamento le zampe sono perfettamente funzionanti, mentre le ali sono raggrinzite e afflosciate, devono quindi essere velocemente dispiegate. L’adulto cerca allora un supporto stabile sul quale assicurarsi e lasciare penzolare le ali. Queste si dispiegano grazie all’emolinfa che scorre nelle nervature (operazione che dura circa mezzora), e poi bisogna attendere che si induriscano, diventando abbastanza rigide per permettere il volo.

Fasi di sfarfallamento della antiopa.

A questo punto l’adulto è finalmente pronto per il suo primo volo. Generalmente le farfalle aspettano le mattine assolate, in modo che le ali siano pronte al volo quando la temperatura dell’aria è già sufficientemente calda. Prima di librarsi in volo, dopo la fase di crisalide, le farfalle liberano dall’ano un singolare liquido rossastro, rosato o giallastro, chiamato meconio. Esso è composto dai prodotti di rifiuto che si sono accumulati nel canale alimentare durante il processo della metamorfosi. Una volta liberate da questo peso, le farfalle sono definitivamente pronte per il loro primo volo. Esiste una leggenda riguardo al meconio delle farfalle secondo la quale, nelle calde giornate di primavera e d’estate, si può assistere ad una pioggia di sangue dal paradiso. In realtà questo fenomeno è dovuto allo sfarfallamento simultaneo di numerosi Lepidotteri che escono dalle loro crisalidi, liberano il meconio che macchia di rosso la vegetazione sottostante. Questa credenza è diffusa soprattutto nei paesi tropicali, dove possono schiudersi centinaia di farfalle nello stesso momento.

Bacheca del collezionista

La Papilio alexanor è una felle farfalle italiane più rare in assoluto; sul nostro territorio si può osservare solo sulle Alpi Marittime e in poche località dell’Aspromonte e della Sicilia nord-occidentale. Si tratta di una specie di grandi per la fauna italiana, 6-7 cm di apertura alare, molto simile al comune macaone, dal quale si distingue per l’elegante colorazione gialla più estesa sulle ali e per le bande nere verticali ben più marcate rispetto a tale specie. Vola soprattutto nelle nelle regioni collinari e montuose fino a 1300 m ed è attratta dai fiori dei cardi selvatici. Come per le altre specie nostrane gel genere Papilio, i suoi bruchi si sviluppano soprattutto a spese di ombrellifere, tra le quali Trinia glauca (= vulgaris) e Seseli montanum. Il periodo di volo è dilatato nel tempo, perché gli adulti sfarfallano in un’unica generazione da aprile a luglio. A causa della sua rarità è stata recentemente inserita nella direttiva Habitat della Comunità Europea (Allegato IV) come una delle specie animali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa.

L’antiopa è una delle vanesse più belle e ricercate dai collezionisti perché non si lascia mai avvicinare facilmente ed è poco comune. È una farfalla di ragguardevoli dimensioni (6-8 cm di apertura alare) ed è facilmente riconoscibile per la colorazione delle ali, che sono prevalentemente bruno scuro con una serie di macchie blu situate in prossimità del margine esterno orlato di giallo. Gli esemplari che svernano perdono il colore giallo, che diventa biancastro; le antiope, infatti, passano l’inverno allo stadio di adulto e, all’inizio della primavera tornano a volare e a deporre le uova. Queste vengono deposte a grappoli sui rami delle piante nutrici, soprattutto salici e betulle. È una specie ad ampia distribuzione a livello mondiale, vive in Europa, in Asia e anche in Nord America. In Italia vola su tutta la penisola da 0 a 2500 m, ad eccezione della Sardegna e della Sicilia. I luoghi migliori dove osservarla sono i boschi radi ai margini delle foreste di latifoglie in pianura e, più facilmente, in montagna. Maschi e femmine hanno la stessa livrea; il bruco, coperto di lunghe spine, è nero con una serie di macchie rossicce sul dorso.

Il testo e le immagini del presente articolo, tratti da da Panzetti et al. (2003-2004: f. 12) e Peruzzo et al. (2007: f. 8), sono stati pubblicati su gentile concessione della Alberto Peruzzo Editore SRL.